Punta Licosa è un’Area Marina protetta che si trova in una scenario completamente selvaggio. Per arrivarci bisogna percorrere un sentiero che può essere imboccato o dal porticciolo di San Marco, oppure da Ogliastro Marina. E’ una camminata di qualche chilometro durante il quale si ammirano baie e insenature dai colori meravigliosi.
Ancora più affascinante è l’isolotto di Punta Licosa, una delle zona meglio conservate della costa del Cilento. L’isolotto è raggiungibile solo via mare con escursioni organizzate che partono dal porto di San Marco.
Luoghi di interesse
Punta Licosa gode di molte attrattive:
- Cappella di Santa Maria del Soccorso: edificata per offrire ricovero ai naufraghi sul molo di punta Licosa al fianco di palazzo Granito.
- Palazzo Granito: è un casino di caccia costruito nella prima metà del Settecento da Parise Granito, che, con la cappella di Santa Maria del Soccorso, si affaccia sul molo di punta Licosa. Rappresentava uno dei soggiorni del re Carlo di Borbone, appassionato di caccia e di pesca ed amico della famiglia.
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Torre di Licosa (rudere): è una postazione di avvistamento di origine angioina (1277), la più antica del sistema difensivo di Castellabate.
- Torre Cannitiello o “Mezzatorre (rudere): una postazione di avvistamento che risale al periodo 1567-1569.
- Torre del Semaforo o Torricella (rudere): una postazione di avvistamento del 1570, posta sulla collina di Licosa. Deve il suo nome al fatto che utilizzava segnali di fuoco o fumo per comunicare con le altre torri della fascia costiera o col Castello dell’abate posto in cima a colle Sant’Angelo.
- Convento Sant’Antonio Abate (rudere): posto nel cuore della collina licosana e eretto dai monaci cappuccini nel XVII secolo per offrire rifugio ai confratelli provenienti dal meridione. Usato anche come stazione semaforica prima della costruzione del faro dell’isola di Licosa.
- Lapide commemorativa dei caduti del Velella: posta nel 2002 sul molo di punta Licosa, composta da un monumento circolare di bronzo raffigurante il sommergibile che affonda e l’elenco dei membri dell’equipaggio.
- Costa e area marina: Licosa si estende prevalentemente lungo il mare con l’area marina protetta Santa Maria di Castellabate e una costa variegata, frastagliata, dove si alternano scogli, alti dirupi, baie e calette naturali, contraddistinta dalla tranquillità del luogo, quasi mai affollato di bagnanti. La zona costiera licosana è caratterizzato dalla presenza del “Flysch del Cilento“, una rara tipologia di roccia composta da diverse stratificazioni (costituite tipicamente da alternanze cicliche di arenaria, di argilla o marna, di calcare). Tali rocce preistoriche degradano lentamente nel mare estendendosi anche per oltre cinque miglia. Nei fondali questa conformazione rocciosa, formata da numerose cavità e spaccature, viene utilizzata come rifugio da diversi organismi animali e vegetali. Licosa è stata inserita dal 2005 fra le 11 più belle spiagge d’Italia, secondo il concorso di Legambiente “La più bella sei tu” ed è insignita dal riconoscimento della bandiera blu per la qualità delle acque.
- Parco e sentieri naturali: il territorio, cuore del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, presenta diverse aree verdi e sentieri naturali, attrezzati anche come percorsi botanici. Le aree verdi della zona sono la pineta di Licosa e il bosco del promontorio, che sono attraversate dai sentieri naturali come quello tra “Ogliastro Marina e il Pozzillo” (8,6 km) e quello tra “San Marco e Licosa”
- Isola di Licosa (160 metri di lunghezza e 40 metri di larghezza): rappresenta il sito naturale più caratteristico del territorio, con le sue pericolose secche e i suoi limpidi fondali, testimoni di numerosi affondamenti. Nelle sue acque sono visibili i resti sommersi dell’omonima città greco-romana, specialmente quelli di una villa romana e di una vasca per l’allevamento delle murene (risalente ad un periodo che va dal I secolo a.C. al I secolo d.C.). Sull’isola, dove svetta il faro e il rudere della casa del guardiano del faro, sono stati rinvenuti diversi reperti di epoca greco-romana come una lastra con un’epigrafe dedicata a Cerere, un mosaico d’epoca romana e numerose ceramiche greche del V secolo a.C., conservate nel Museo archeologico nazionale di Paestum. La zona è pervasa dal mito delle sirene. Si crede che il nome di Licosa derivi dalla sirena Leucosia, che, secondo autori come Licofrone, Strabone e Plinio il Vecchio, qui abitò e qui fu sepolta dopo che si gettò in mare. Anche Omero, nell’Odissea, accenna all’isola delle sirene dal canto ammaliatore, beffate da Ulisse e il suo equipaggio. Ma siccome l’isola di Licosa un tempo era collegata al promontorio, prima dell’inabissamento della costa avvenuto nel IV secolo a.C., si ritiene che l’isola delle sirene possa essere la poco lontana “Secca di Vatolla” (da dove è possibile osservare Vatolla), profonda circa sei metri. Aristotele narra della presenza sull’isoletta di un tempio dedicato a Leucotea, identificata con Leucosia. Altri autori, come Dionigi di Alicarnasso e Sesto Pompeo Festo, sostengono che il nome Licosa sia dovuto ad una cugina o una nipote di Enea sepolta sull’isoletta (“Leucosia insula dicta est a consobrina Aeneae ibi sepulta“).